S.Ten.Cpl. Francesco (Franco) INFANTINO

di Giuseppe

277° Reggimento - II Battaglione – Compagnia Comando di Battaglione - Comandante plotone esploratori

nato a Centuripe – Enna 14.5.1921
morto il 4.6.1977

Rientrato vivo dopo la Ritirata

Grande invalido di guerra
CGVM 1961 Località Sheljakino - Селякино / Warwarowka – Варваровка


CGVM 1961 Località Sheljakino - Селякино / Warwarowka – Варваровка

Comandante di plotone esploratori, si distingueva nella difesa di un importante settore difensivo sul fiume Don. Successivamente, nel corso dell’estenuante ripiegamento, partecipava a violenti combattimenti di retroguardia contro forze corazzate nemiche, dando prova di sprezzo del pericolo e di ardimento.

— Fronte russo - Fiume Don - Sckelvakino - Warwarowka - 16 dicembre - 24 gennaio 1943.


Biografia scritta da Maria Rita, Alessandro, Alberto e Giulia  Infantino 

Francesco Infantino, nato a Centuripe (EN) il 14 maggio 1921 e deceduto il 4 giugno 1977, era il primo di tre figli nati da Giuseppe e Giuseppina.

Nel 1936 il padre Giuseppe, artigiano del legno, decise di trasferire la sua attività a Bengasi. Lo spostamento a Bengasi della famiglia Infantino doveva avvenire in due tempi. Prima partiva il padre per installare la bottega ed iniziare il lavoro; poi, se le cose andavano bene, dopo qualche mese o anno, lo raggiungeva il resto della famiglia, che nel frattempo si era trasferita a Catania, per permettere a Franco, rimasto fermo alla licenza elementare per mancanza di scuole superiori a Centuripe.

Rientrato il padre da Bengasi per il timore di una guerra in Europa, nel 1939 la famiglia Infantino si stabilisce definitivamente a Catania.

Francesco, ormai diciottenne e quindi di leva, non volendo in caso di chiamata alle armi fare il soldato semplice ma l'ufficiale, (per ottenere questo grado occorreva essere diplomati e frequentare un apposito corso), durante gli anni scolastici 1939/40 e 1940/41, studia privatamente e presentatosi da esterno agli esami consegue nella sessione estiva del 1941 il diploma di abilitazione magistrale.

Nei 1941 Francesco riceve la cartolina-precetto e parte per Pozzuoli dove, come da sua domanda ed avendone i requisiti, frequenta il corso AUC (Allievi Ufficiali di Complemento). Conseguiti i gradi ed assegnato ad un Reggimento di Fanteria, il Sottotenente Infantino Francesco, dovendo raggiungere un fronte di guerra, chiede volontariamente di essere destinato a quello russo, dove arriva nell'autunno del 1942.  

In Russia combatte sul Fiume Don nei reparti dell'ARMIR (Armata italiana in Russia), ma nel corso del successivo inverno una serie di disfatte subite dalle truppe italiane e tedesche ad opera di quelle sovietiche, costringe le Forze dell'Asse ad una rovinosa ritirata con numerosi feriti, morti, dispersi e prigionieri. Franco rientra incolume in Italia assieme a pochi altri superstiti e, dopo una quarantena a Grado per rimettersi in salute, viene in licenza a Catania ai primi di aprile 1943.

Passate le feste pasquali e finita la licenza, Franco deve rientrare al Reggimento; la famiglia riceve sue notizie al momento dello sbarco alleato in Sicilia, che avvenne sulle coste meridionali dell'isola il 10 luglio di quell'anno 1943.

Intanto siamo arrivati al 25 aprile 1945, giorno della "Liberazione". Per il tramite della Croce Rossa con una lettera datata 4 maggio 1945, Franco comunica alla famiglia che il 10 gennaio 1944 a causa dello scoppio di una bomba a mano durante l’addestramento di una recluta, rimane cieco di entrambi gli occhi e senza le mani

In questa lettera Franco comunica che si trova in Val Camonica a Boario Terme presso la famiglia della sua fidanzata dell’epoca, che ha ospitato Franco fino a quando il fratello Rino, giovane ventunenne, partito con un carico di sale ed una lattina d'olio da portare in omaggio, non raggiunse Boario (con treno, corriere e carri vari, come era possibile con i trasporti del momento) e riportò Franco a Catania.

Franco chiede ed ottiene la possibilità di soggiornare con un accompagnatore di fiducia presso l'Istituto Romano dei Ciechi di guerra, prima di trasferirsi a Roma decise di studiare (con lettura dei testi da parte di parenti e amici) e prepararsi quindi a sostenere da privatista l'esame di maturità classica, il cui diploma gli avrebbe consentito l'iscrizione all'Università per il conseguimento di una laurea confacente con il suo stato. Superato l'esame ed ottenuto il diploma, si trasferì a Roma portandosi come accompagnatore il fratello Rino.

Nel 1946 incontra a Roma la sua futura moglie Pierina, già conosciuta a Lecco al Centro Mutilati dove era ricoverata la sorella anche lei rimasta invalida durante un bombardamento. Si iscrive alla Facoltà di Giurisprudenza presso l'Università di Roma La Sapienza, studia con lettura dei testi da parte di amici ed amiche volenterosi e consegue nella sessione estiva del 1949, e quindi entro i quattro anni del corso, la laurea di Dottore in Legge con voti 110 e lode, laurea che gli permette di sostenere l'esame di stato per Procuratore legale e poi l'iscrizione all'Albo degli Avvocati.

Nel 1953 Franco viene eletto in Parlamento dove si si batte tra le altre cose per l’approvazione della legge sulle pensioni ai reduci di guerra.

Nel 1957 sposa con la sua amata Pierina e la famiglia si allarga negli anni con ben 5 figli.

A seguito della non rielezione in parlamento, Franco insegnerà Diritto e Economia alle scuole superiori fino alla sua prematura scomparsa avvenuta nel giugno del 1977.


NOTE DEL COMITATO DIVISIONE VICENZA

LUX IN UMBRA

Il Sottotenente Francesco Infantino era stato inquadrato nella Divisione Vicenza presso il II Battaglione del 277° Reggimento di fanteria, ove svolse l’incarico di Comandante di Plotone all’interno della Compagnia Comando di Battaglione.

Il II Battaglione, dopo la prima permanenza a Latisana (UD) fino al marzo 1942 venne successivamente inviato al Brescia ove rimase fino alla partenza per il Fronte Russo alla fine di settembre dello stesso anno.  La prima località nella quale venne impiegato è stata Belokurakino in Ucraina ove rimase fino alla fine di novembre 1942. Dopo l’assegnazione della Divisione Vicenza al Corpo d’ Armata Alpino il Comando del II Battaglione venne dispiegato a Rossosh e successivamente all’avvicendamento con la Julia il Battaglione prese posizione sul Don al posto del Battaglione Gemona dell’8° Alpini, prendendo possesso del Caposaldo denominato Penisola Beltrame ove rimase fino all’ordine di ripiegamento del 17 gennaio 1943.

Nei giorni della ritirata il Battaglione, l’unico del 277° Reggimento ancora in organico, rimase agli ordini del Colonnello Giulio Cesare Salvi assieme al Comando di Divisione. Dopo i fatti d’arme di Sheliakjno del 23 gennaio seguì la colonna della Tridentina affrontando con i pochi uomini rimasti la Battaglia di Nikolajevka.

Dopo il riordino dei superstiti a Romny, molti uomini ancora in forze vennero assegnati alla Divisione Cosseria.

Il Sottotenente Infantino durante il ripiegamento ricevette in consegna la Bandiera di Guerra del 277° Reggimento da parte del Tenente Mario Belardo conservandola fino al successivo rientro in Patria il 20 marzo del 1943 ove tutt’ora è conservata a Roma nel Vittoriano presso l’Altare della Patria.

Del Sottotenente Infantino esistono alcuni riferimenti memorialistici. Il primo è quello personale da lui scritto per il volume di Giulio Bedeschi Nikolajewka: c'ero anch'io  (Ugo Mursia Editore, Milano, 1972).

E’ giusto che il silenzioso ed umile sacrificio dei fanti della Vicenza sia tramandato ai posteri insieme a quello delle “penne nere”.  Accomunati agli alpini in trincea (il mio battaglione sostituì in linea il Gemona) e lungo il duro cammino della ritirata, i combattenti della Vicenza si sono guadagnati, io credo, l’onore di una citazione al merito nell’albo d’oro della Julia e delle altre divisioni alpine.

Riferendomi alla battaglia di Nikolajewka, quel che io ricordo chiaramente di quella drammatica e titanica lotta sono i furiosi attacchi degli alpini e dei reparti superstiti della Vicenza incitati all’attacco dal colonnello Salvi, il quale sempre in piedi correva a destra e a manca incurante dei proiettili di mortaio che ci scoppiavano intorno, trascinandosi dietro, lungo l’interminabile china cosparsa di morti, noi pochi scampati alla sacca di Warwarowka.

Ricordo che, mentre sostavo con lui dentro un cratere prodotto un attimo prima dall’esplosione di un mortaio, corse voce che era morto il generale Martinat. Salvi mi lasciò dicendo che sarebbe andato a prendere contatti con il comando della Tridentina. Io mi avvicinai ad un’isba che stava alla mia destra da dove un pezzo di artiglieria sparava incessantemente sull’abitato e mi improvvisai servente al pezzo. Un tenente alpino a testa nuda che dirigeva il tiro in piedi, allo scoperto, mi rivolse un sorriso e poi continuò a bestemmiare ed a lanciare improperi contro i russi.

Un’altra fonte memorialistica è quella del fante Giovanni FALCONI, in organico nel 277° Reggimento Fanteria presso la Compagnia Comando del II Battaglione dunque a stretto contatto con il Sottotenente Infantino. Di lui ha riportato numerosi passaggi negli appunti del diario pubblicato postumo a Tavoleto, suo paese di origine (Gorgio Paolucci, DIARIO DELLA VITA MITARE, Modulitalia s.r.l, Tavoleto (PU), 2022)

Giorno 22 dicembre 1942 dalla Penisola Beltrame Caposaldo sul Don

 … Il fronte era calmo, il Tenente Infantino diceva che era un segno poco buono. Infatti si vedeva che il genio portava giù in linea molte mine con i muli e anche a mano, tutto di notte facevano il trasporto del materiale ed era minata tutta la linea con mine anticarro e antiuomo ed era molto difficile andare di notte di pattuglia perché con la tormenta e la neve.

Giorno 28 dicembre 1942

Una giornata brutta, nevicava molto, tirava un’aria artica siberiana con tormenta e non si vedeva nulla e il freddo aumentava, si aggirava sui 38 gradi sotto zero. Il fronte era calmo, pochi colpi si sentivano sparare da ambo le parti. Il Tenente Infantino diceva che il fronte quando e calmo così si può attendere un attacco di sorpresa, allora bisogna stare allerta.

Giorno 10 gennaio 1943

Alla mattina verso le 5, ero di vedetta e appena si fa l’alba fra il buio si smontava e poi si andava nel bunker a scaldarsi. Lì c’era il Tenente Infantino, raccontava che durante il giorno e la notte dall’osservatorio dell’artiglieria che era sulla collina vedevano molte colonne di camion e di carri armati che andavano a sud sul Don. Noi del secondo Battaglione eravamo schierati sulla penisola (Beltrame), che si trovava in collina circa 327 metri d’altezza sul mare, per i russi era un po’ difficile sfondare la linea. Noi eravamo in alto

Giorno 16 gennaio 1943

Giornata molto nera, notizie poche buone: il comandante della mia compagnia il Tenente Rosario Nicotra disse di tenere raccolte le munizioni. A mezzogiorno si prese quel poco di rancio, era il riso con cavoli, e un po’ di vino e pane. Il Sottotenente Infantino che comandava il nostro Plotone non parlava, era serio.

Giorno 26 gennaio 1943

Una giornata bella serena, freddo molto piccante. Ancora si ripete le frasi: “Forza, forza! Chi arriva alla ferrovia è salvo” e difatti abbiamo camminato tutto il giorno ma non si arrivava mai a quella stazione.

In un tratto si vede quella stazione, camminando in tratto c’era un bivio, un incrocio di tre strade, li c’erano degli ufficiali italiani e ci chiedevano di quale reparto eravamo, gli alpini tutti da una parte inquadrati, le divisioni di fanteria dall’altra parte, Vicenza, Pasubio e Cosseria.

Camminando alcune ore giungendo nella cittadina di Acktirka   trovando degli ufficiali della Vicenza, lì riorganizzavano le compagnie fra sbandati e i resti della Vicenza. Lì trovai il mio tenente della mia compagnia, il Sottotenente Infantino e un Sottotenente Cecchini e che era di  Urbino lui era della 7ª Compagnia, e il mio paesano di Ripamassana De Luca Artemio. Lì c’erano alcuni camion che caricavano i feriti più gravi e [per] quelli che stavano bene ancora c’era da camminare, stanchi sfiniti, barbuti e sporchi l’acqua non si trovava nemmeno per bere e non c’era nemmeno il tempo di lavarsi. Trovai pochissimi dei miei compagni della mia compagnia, io ero della Compagnia Comando del 2° Battaglione trovai solo sei compagni, eravamo 130 e la sorte fu molto brutta. I rimasti eravamo: io, il Sottotenente Infantino di Palermo, Fannata di Castelfranco di Treviso, Tomassoli di Verona e due di Rovigo che erano conducenti. Giunti alla ferrovia a Romny lì c’era una tradotta italiana e lì siamo saliti in quei vagoni merce, ci stavano 8 muli e noi ogni vagone, 92 soldati tutti in piedi e li siamo partiti

28 Gennaio 1943

 Entrando in questo paese, Khal’ch, era freddo non c’erano caserme per riposare allora lo Starosta, sarebbe stato il podestà, dette l’ordine di fermarsi 4 o 5 soldati per casa. Il Tenente Infantino disse a noi della compagnia Comando rimasti in 6, andate a quella isba, siamo entrati c’era una nonnina e la moglie del figlio. E questa nonna piangeva quando ci ha visti entrare mal ridotti, barba capelli lunghi, dimagriti, come sono ridotti. Io chiesi in russo perché piangete, mi disse: Anch’io ho un figlio al fronte, Arel e piangeva.

1° Febbraio 1943

 Il Tenente Infantino ordinò una riunione del Comando del Battaglione. Allora ci spiega la situazione del posto dove siamo e disse; qui siamo in mezzo alla pineta di Gomel e Babrujsk, e tutta piena di partigiani e bisogna stare allerta e uniti, montare di guardia al Comando del Battaglione e di pattugliare il paese

12 Febbraio 1943

 Passati altri sei giorni alla mattina dopo aver preso il caffè, Il Tenente Infantino mi disse: “Te Falconi, devi portare un fonogramma al Comando a Babrujsk a quattro Km da  Khal'ch, io gli dissi di si!  Mi disse:” Vieni al Comando del Battaglione alle ore 9 parti da lì con i documenti”.

Un giorno il Tenente Infantino mi disse “Falconi te vieni con me in Italia con un altro soldato a portare la Bandiera del 277° Fanteria della Divisione Vicenza” io gli disse di sì. Passando una giornata mi rivede e mi dice ”Ti dispiace se nel tuo posto parte un altro soldato che ha un piede congelato”, Io gli risposi “ Sì se è così” ma un po' mi dispiaceva, scrissi una cartolina da mandare ai miei genitori perché erano 4 mesi che non sapevo nulla di loro, da imbucare in l’Italia dal Tenente Infantino.

Nel FONDO H-1 BUSTA 37 FASCICOLO 13 presso USSUME è conservato il fonogramma di SUPERESERCITO del 20.3.1943 delle ore 11.20, con il quale si trasmette il seguente messaggio “Urgentissimo e Segreto”:

 “COMUNICASI CHE IN DATA ODIERNA CON TRASPORTO 140.877/ PROVENIENTE DA VIENNA ARRIVA A TARVISIO LA BANDIERA DEL 277° REGGIMENTO DI FANTERIA”

Francesco Infantino nel dopoguerra rimase in contatto con i reduci della Divisione Vicenza attivandosi con i colleghi Damiani e Rosotti a promuovere contatti ed incontri fino alla prematura scomparsa il 4 giugno 1977

Nel 1961 Franceso Infantino venne insignito della Croce di Guerra al Valor Militare con la seguente motivazione:

 Comandante di plotone esploratori, Si distingueva nella difesa di un importante settore difensivo sul fiume Don. Successivamente, nel corso dell’estenuante ripiegamento, partecipava a violenti combattimenti di retroguardia contro forze corazzate nemiche, dando prova di sprezzo del pericolo e di ardimento.

— Fronte russo - Fiume Don - Sckelvakino - Warwarowka - 16 dicembre - 24 gennaio 1943.

Francesco Infantino dopo l’8 settembre entrerà nella Repubblica Sociale Italiana con il grado di Tenente. Durante l’addestramento di una recluta, il 10 gennaio 1944, a causa dello scoppio di una bomba a mano, rimase cieco di entrambi gli occhi e senza le mani. Da allora iniziò il suo calvario per le cure e la riabilitazione. L’essere completamente cieco lo portò alla consapevolezza di poter dare assistenza e conforto ad altri ex combattenti di ogni fronte di guerra menomati della vista fondando a Roma una associazione di mutuo soccorso intitolata LUX IN UMBRA (dal latino luce nelle tenebre).

Va doverosamente infine ricordato che l’Avvocato e Professore Francesco Infantino dopo l’elezione nel Collegio di Catania al Parlamento Italiano alla 2^ Legislatura dal 1° luglio 1953 all'11 giugno 1958, si adoperò per l’approvazione della legge sulle pensioni ai reduci mutilati di guerra sostenendo istanza anche per i veterani della R.S.I.

A Roma, in Via Clisio - quartiere Trieste Salario, è stato piantato un albero a seguito del progetto civico  “DONA UN ALBERO AL TUO QUARTIERE” che ricorda il suo nome, Franco, e quello della moglie Piera.

156° Divisione Vicenza

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156° Divisione Fanteria Vicenza