Fante Rocco Oreste CECCARELLI

di Giuseppe e Paolina Andreozzi

277° Reggimento – II Battaglione – 7^ Compagnia

natoFalvaterra - FR  il 1.7.1921

disperso sul Fronte Russo dal 25 gennaio 1943

Si presume che Rocco Oreste CECCARELLI sia stato fatto prigioniero in quanto tracce del suo piastrino sono state rinvenute nel 2011 nella regione di Tambov (sud-est di Mosca). 


Soldato di leva della classe 1921 nel Distretto di Frosinone.
Il 3 gennaio 1941 è chiamato alle armi, ma è lasciato in congedo provvisorio avendo due fratelli alle armi.
Chiamato alle armi il 19 gennaio 1942 nel 25° Reggimento Fanteria a Cervignano del Friuli (UD) per il Battaglione Complementi del 277° Reggimento Fanteria.
Viene mobilitato con stesso lo Reggimento dal 10 marzo al 25 aprile 1942. Giunge in territorio dichiarato in stato di guerra il 5 ottobre 1942.
Partecipa alle operazioni di guerra svoltesi sul Fronte Russo e viene dichiarato disperso nel fatto d’armi avvenuto il 25 gennaio 1943.


“LE TESTIMONIANZE DELLE FAMIGLIE CONFERMANO CHE IL CADUTO NON È MAI STATO DIMENTICATO”

‘Rocco mio, Rocco mio, dove sei?’

Rocco nasce in una famiglia umile. I genitori vivevano nelle zone collinari di Falvaterra, coltivando appezzamenti di terra di proprietà ed allevando qualche ovino per le esigenze familiari e piccoli animali da cortile.
Era il settimo di nove figli; aveva infatti cinque fratelli e tre sorelle. Fin da bambino dimostrava un carattere esuberante, gioviale e molto socievole; si dedicava con piacere ai lavori di casa e della campagna, nei quali sapeva cogliere gli aspetti migliori della vita.
Non amava andare a scuola e, infatti, frequentò solo le prime classi elementari. Amava molto giocare e scherzare; di frequente si presentava in classe con serpenti nelle tasche e per tali suoi comportamenti era oggetto di continue reprimende da parte delle maestre.
Abbandonata la scuola si è dedicato ai lavori della campagna e all’occorrenza andava a lavorare per conto terzi ‘a giornata’. Molto legato alla famiglia, si preoccupava del futuro delle sorelle e spesso invitava la mamma a mandarle in un istituto per imparare un mestiere.
Nel 1940 si è trasferito a Pontinia nella pianura pontina, con i genitori e le tre sorelle, mentre quattro fratelli erano già alle armi ed un altro era emigrato qualche anno prima in Argentina.
Insieme alla famiglia di uno zio paterno mandavano avanti, a mezzadria, una fattoria di oltre 15 ettari di terreno, lavorando nei campi ed allevando bestiame. Rocco non amava particolarmente la nuova dislocazione e quasi ogni domenica si recava nei luoghi di origine, dove era ospite di parenti che erano rimasti a vivere nella zona.
Ha corteggiato per diversi mesi una ragazza molto carina, di qualche anno più grande di lui, che viveva in un podere limitrofo, ma tale relazione era osteggiata dalle sorelle per la differenza di età e quindi dovette interromperla.
Destino ha voluto che questa donna, maritatasi qualche anno dopo, sia deceduta insieme al figlioletto che teneva in braccio, a causa dei bombardamenti degli alleati.
Dispensato dalla chiamata alle armi avendo già altri fratelli sotto le armi, alla fine del 1941 ricevette comunque la chiamata. Pur rimanendo sorpreso, non si diede alla macchia come fece qualche suo coetaneo.
Si racconta che durante i saluti ad amici e parenti, congedandosi da uno zio, gli disse: ‘Tanto non ci rivedremo più!’. Sembrava rassegnato, forse consapevole del suo destino.
Dopo l’arruolamento avvenuto nel gennaio 1942, ricordo una sua lettera scritta alla mamma, nella quale chiedeva di inviargli indumenti di lana pesanti, prevedendo quindi un suo prossimo dislocamento nel territorio russo.

Dalla Russia si lamentava per il freddo, per il vitto e per la fame. Scriveva che ‘avrebbe mangiato anche le cotiche con i peli’.
La mamma, insieme alle sorelle, confezionarono e spedirono un pacco con maglioni, mutandoni e calze di lana fatte a mano. Quel pacco non lo raggiunse mai e qualche mese dopo ritornò al mittente.
Iniziò da quel momento uno stato di ansia da parte dei genitori, ed in particolare della mamma, che durò per tutto il periodo della guerra in quanto non si ebbe più alcuna notizia.
Con la fine delle ostilità ed il successivo rimpatrio dei prigionieri, la mamma aspettava ogni giorno il suo ritorno.
Con il passare dei mesi, non vedendolo tornare a casa, iniziò a vivere nell’inquietudine più completa che si tramutò, nel tempo, in disperazione poiché nessuno le dava notizie; non poteva accettare che quel figlio fosse ‘disperso’.
La mamma non si è mai rassegnata a tale perdita e non faceva che ripetere: ‘Rocco mio, Rocco mio, dove sei?’
Anche in punto di morte, in uno stato di quasi delirio ha chiamato per nome tutti i figli e per ultimo ‘Rocco, Rocco!’
Una sua ‘reliquia’, dopo anni di infruttuose ricerche, è tornata a casa il 4 settembre 2011.

(testimonianza della sorella Elisabetta Ceccarelli)


Storia condivisa da Antonio Respighi e Giovanna Respighi Palmi, autori del libro IO RESTO QUI…, Lettere di Caduti sul fronte russo e testimonianze delle famiglie, da cui è stata tratta (Edizione a cura del Gruppo Alpini di Abbiategrasso (MI), Grafiche Arrara, 2017, Abbiategrasso - MI)


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