278° Reggimento - II Battaglione - 7ᵃ Compagnia
di Francesco e Rosa Ghini
nato a Villa Minozzo – Reggio Emilia il 20.7.1921
Disperso al fronte Russo dal 31.1.1943 in località non nota
“Termino di scrivere con la penna ma il pensiero sempre a voi”
Una storia di famiglia, direttamente dall’Appennino reggiano, è giunta all’Associazione Studi Militari Emilia Romagna (www.asmer.it), che è stata contattata dopo la consultazione online dell’Albo dei caduti e dispersi della Divisione Vicenza a Reggio Emilia, pubblicato sul nostro sito (https://divisionevicenza.it/index.php/storie/storie-di-uomini-e-di-soldati-2/2-uncategorised/292-provincia-reggio-emilia).
La lettura di quel nome tra i caduti ha riacceso in lei una memoria familiare mai sopita: quella di Gisberto Marazzi. Gisberto Marazzi, figlio di Francesco e Rosa Ghini, era nato il 20 luglio 1922 a Villa Minozzo. Fante del 278° Reggimento Fanteria, fu inviato sul fronte russo il 1° ottobre 1942. Di lui non si ebbero più notizie dal 1° febbraio 1943, data in cui fu ufficialmente dichiarato disperso.
La storia di Gisberto è arrivata alla nostra Associazione attraverso la signora Luisa, classe 1938, che era all’epoca una bambina e Gisberto fu il suo padrino di battesimo: egli era suo zio, il fratello di sua madre. Alcuni ricordi sono stati tramandati alla signora Luisa, come quello di un episodio in cui il giovane soldato, prima della partenza, l’aveva portata in braccio mentre attraversavano un ruscello. Anche questo dettaglio, sebbene raccontato da altri, è rimasto impresso nella memoria familiare.
La famiglia ha sempre sentito parlare di Gisberto. La sua storia rappresenta una ferita ancora aperta, un dolore mai completamente sopito. La madre di Gisberto, nonostante avesse altri figli, passava spesso le giornate alla finestra, nella speranza di vederlo tornare. Racconta la signora Luisa che la mamma di Gisberto, quindi nonna di Luisa, a volte diceva: “Magari ha trovato qualcuno in Russia, si è sposato là, sta là…”. Il cuore, come spesso accade, si aggrappa alla speranza, anche quando la ragione sa già la verità.
Questa storia, restituisce voce e umanità a uno dei tanti nomi che popolano l’elenco dei caduti. Un gesto prezioso, che contribuisce a tenere viva la memoria.
Gisberto, chiamato in famiglia Verardo, come spesso accadeva nelle famiglie contadine di avere un nomignolo, scriveva con costanza ai genitori dal fronte e dalle varie località in cui veniva trasferito durante il servizio militare. Le sue lettere erano colme di affetto, rassicurazioni e dettagli della vita quotidiana da soldato.
All'inizio, da Sagrado, in provincia di Gorizia, dove prestò giuramento, rassicurò i familiari sulle sue buone condizioni di salute e li invitò a non preoccuparsi troppo per lui. Descrisse la vita in caserma, menzionò la compagnia di amici come Gualtieri e Mercati, raccontò della sorella del compagno che si sposò e della distribuzione dei viveri, esprimendo sollievo nel non soffrire più la fame. Mostrava nostalgia per casa e interesse per le notizie agricole del paese.
Il primo era Beniamino Gualtieri, figlio di Maurizio e Onesta Olmi, nato il 20 agosto 1922 a Carpineti, di professione contadino, anch’egli fante del 278° Reggimento Fanteria. Arrivato il 1° ottobre al fronte, venne dichiarato disperso nella terza decade del gennaio 1943, durante il ripiegamento del Don. Il secondo era invece Sveno Mercati, figlio di Adelmo e Rosa Panciroli, nato il 22 luglio 1922 a Carpineti, di professione contadino, loro compagno di vita militare. Fu catturato dalle forze russe nel fatto d’armi di Rossoch il 30 gennaio 1943. Internato nel campo 67 – Bostianovka, morì in quel luogo in data non precisata.
Trasferito a Trescore, vicino a Bergamo, riferì di essere mobilitato e di non poter più indicare la località precisa. Era soddisfatto dell’ambiente e si mostrava sempre più cosciente dei limiti e delle incertezze della guerra. Escluse la possibilità di ricevere pacchi, per non gravare sulla famiglia, e accennò all’eventualità di andare al campo o di ottenere una breve licenza. Era vicino al commilitone Gualtieri, mentre Sveno venne trasferito altrove. Manteneva una certa ironia e leggerezza nel tono, pur restando attento alla situazione.
A fine agosto, raccontò con entusiasmo della visita a Milano e del Duomo, prima di raggiungere Verona e poi essere destinato alla Russia. Chiese preghiere ai familiari, mostrò rassegnazione e fede nel destino. Condivise un evento traumatico: la caduta di un aereo vicino a lui, che lo scosse molto. In una delle lettere, manifestò l’idea di fare domanda per entrare nei carabinieri, cercando il parere del padre.
In novembre comunicò che era in marcia verso una nuova destinazione, già in suolo sovietico, senza sapere dove fosse diretto. Raccontò di essere ospite in una casa civile, tra persone gentili ma che definì “nemiche”, riconoscendo che anche loro avevano familiari al fronte. Nonostante ciò, si sentiva in buona salute e ingrassato, sottolineando ancora una volta di non voler far preoccupare i genitori.
In un’altra lettera del 15 novembre, espresse la delusione per il ritardo delle comunicazioni con casa, ma restò affettuoso e filosofico. Invitò la madre a non rattristarsi pensando a lui, promettendo che non avrebbe mai dimenticato gli insegnamenti ricevuti. Si rallegrò per i buoni raccolti e per il vino prodotto dal padre, e continuò a chiedere aggiornamenti sulla vita in paese. Anche il suo Tenente, Aldo Signifredi, allegò un messaggio rassicurante alla famiglia, sottolineando la buona salute e l’alto morale del soldato.
Nato il 18 ottobre 1919 a Fornovo di Taro (Parma), da Ermanno e Giuseppina Conti, il Sottotenente di Complemento Aldo Signifredi era di professione insegnante elementare. Venne fatto prigioniero il 27 gennaio 1943 a Valujki e fu internato nel Campo di prigionia n. 160 di Suzdal, uno dei campi sovietici dove furono rinchiusi numerosi ufficiali italiani. Rientrò in Italia al termine della prigionia solo il 9 luglio 1946, dopo anni di dura detenzione.
A dicembre, Gisberto scrisse probabilmente la sua ultima missiva, in Russia. Pur consapevole della distanza e del rischio, cercò di alleggerire le preoccupazioni dei genitori. Descrisse condizioni insolitamente favorevoli: non sentiva freddo, viveva in una casa ben riscaldata, non soffriva la fame. Ironizzò persino sul fatto che fossero i suoi genitori, da casa, ad avere più paura di lui. Mandò saluti dai compagni, fornì notizie su altri soldati del paese e chiese di non rivelare certe informazioni per non allarmare altre famiglie.
Marco Capriglio
In collaborazione con:
Associazione Studi Militari Emilia Romagna – APS ed il Comitato Divisione Vicenza
LE LETTERE
Sagrado, 18.4.42 XX
Carissimi genitori,
proprio in questo giorno ho ricevuto la vostra gradita lettera col quale sono rimasto contento nel sentire che siete tutti in buona salute. Così posso asiqurare [assicurare] di me per il momento.
Vi dirò che ho inteso con nostalgia e sono rimasto contento perché ormai ci pensavo sopra e finalmente mi sono levato quel pensiero, ho inteso anche con la domanda e non mi consigliate mica in bene ma io la farei solo per lo scopo di non fare più marce ma in ogni modo è lo stesso e così lassierò [lascerò].
Ho sentito pure anche con la zia Flaminia, mi dispiace molto, ma speriamo che guarisca ancora presto e Aurelio fatemi sapere se è già guarito quando mi scrivete.
Ho sentito che mi domandate se soffro la fame come i primi giorni, vi dirò di no. Ma però quando sarò a Bergamo se mi mandate un po’ di roba mi fa piacere.
Vi dirò che di qui si va via presto, ma la partenza è invano saperla perché noi si sa sempre meno di tutti ma in ogni modo così dicono di andare via presto entro il mese entrante.
Cari genitori, vi dirò che il mio compagno Gualtieri di Carpineti è venuto a casa in licenza di 2 + 2 e avevo dato a lui una lettera da farvi portare ma è venuto per caso che si sposava sua sorella e il tempo è breve e così non ha potuto farvela avere ma lui si è portato una valigia di roba così la dividiamo da buoni fratelli insieme. Anche con Mercati Sveno che per ora ci vediamo tutte le sere.
Ora vi dirò che non state a pensare a me, che io sto abbastanza bene, anzi, sto bene, e così anche voi. Mamma non ci pensate perché anche se ci pensate è peggio, perché non si proqura [procura] niente con il pianto. E così si può fare a meno.
Ora non mi resta che salutarvi caramente tutti insieme, salutatemi Maria e Pasquino e tutti chi domanda di me. Sono vostro figlio Verardo, ciao.
Fatemi sapere se la campagna è bella, i frumenti se sono belli o poco e con i lavori se siete avanti o indietro. Se avete fatto la formella o no e tutto ciò che riguarda anche a me. Ora termino e di nuovo saluti cari, Verardo. Scrivete presto, ciao.
Qua i frumenti hanno già fatto il primo moto e sono molto belli.
Carissimi genitori dato che oggi ci hanno dato il vino e non è tanto buono da bere e così lo adopero per scrivere. Arrivederci state bene da qui a 5 anni! Mi raccomando di fare l’indirizzo bene di non fare “11 Battaglione”, ma fate “II”.
Trescore, Bergamo, 27.4.42 XX
Caro padre,
vengo a voi con questa mia lettera per farvi sapere della mia ottima salute così spero sia di voi in famiglia. Vi dirò che questa notte sono venuto a Bergamo e ho fatto un buon viaggio e qui per oggi sono abbastanza contento, sia del locale come anche la posizione. Vi dirò che siamo mobilitati e così non si può più mettere il paese ma si mette “Posta Militare”. Non sono mica proprio a Bergamo, sono a Trascore, vicino alla città.
Ora passo a dirvi che non state a mandare pacchi e niente, perché la fame non la sento più e sono persuaso che ne avrete bisogno voi che scommetto che lo scrigno suona piuttosto di vuoto e così non state a mandarmi niente anche perché c’è il caso che presto andiamo al campo e così andremo un po’ distante da qui. Se posso vengo a casa con un permesso di 48 ore, ma sarà difficile perché finora li danno solo di 24 ma si spera che li diano anche di 48. In ogni modo a questo [illeggibile per inchiostro sbiadito].
Vi dirò che la domanda non l’ho fatta perché mi ha sconsigliato anche i miei compagni. Sveno l’ho lasciato ieri sera che lui va a Palazzolo di Brescia. Siamo rimasti io e Gualtieri di Carpineti lo stesso, e siamo molto amici.
Ora vi mando il mio indirizzo preciso. È questo: “Fante Marazzi Gisberto, 278° Reggimento Fanteria, II Battaglione, 7^ Compagnia, Posta Militare 156”.
Adesso non mi resta che salutarvi tutti insieme, sono vostro figlio Gisberto, non pensate a me che per ora sto bene voi altri non pensate altro che stare voi tutti in buona salute. Poi a me penserà Iddio se vuole tenermi lontano da ogni pericolo.
Ora termino di scrivere con la penna ma il pensiero sempre a voi e vi mando un bacio e un stretto abbraccio.
Verardo
Salutatemi Maria e ditegli che mi scriva. Salutatemi chi domanda di me, ciao.
Scrivete subito che è già da un po’ che non ricevo più posta da voi.
Ciao, ciao, ciao, baci.
26.8.42 XX
Carissimi Genitori,
vengo a voi con questa mia lettera per dirvi che sono in ottima salute così voglio sperare di voi tutti.
Ora passo a dirvi che ho fatto un buon viaggio e quando sono arrivato a Milano sono stato a girare per la città e ho visto il Domi [Duomo] e tante altre belle cose e mi è piaciuta molto la città. Sono arrivato qui al Reggimento in orario preciso. Quelli che hanno fatto delle 5, 6 o 7 ore di ritardo hanno preso 7 e 10 giorni di rigore e quindi io sono contento così.
Ora passo a dirvi che di qui di va via e si va a Verona per il momento poi si va in Russia, quindi pregate per me che sono vostro figlio caro. Dal 10 settembre tutti i giorni sono di vigilia ma si spera sempre bene e Dio facesse la sua volontà, il destino dice che è già assegnato, dunque sia fatta la volontà del Signore che è lui che provvede in tutte le cose.
Quando mi scrivete fatemi sapere se avete ricevute le mie cartoline venò [ve ne ho] scritte due, due franchigie e una illustrata. A voi mamma mi piace sapere se le avete ricevute. Io ora da voi non ho ancora ricevuto niente ma arriveranno scrivete spesso che bramo solo il vostro scritto.
Ora termino di scrivere con il mandarvi i più cari e sinceri saluti e migliori auguri e un lungo addio. Sono vostro figlio per sempre, Gisberto. Non pensate a me, pregate solo per me che abbia a ritornare. A voi tutti cari baci a tutti. Salutate chi domanda di me, Maria per prima.
Caro padre,
vi farò sapere che io ho pensato di fare domanda di andare nei carabinieri, fatemi sapere se siete contento si o no. Fatemi sapere se avete ricevuto la valigia che mi fa piacere e poi fatemi sapere se avete ricevuto la chiave che l’ho messa in una lettera e tante cose, se avete fatto una bella Pasqua, se è piovuto, che qui è piovuto molto dalle 2 fino a sera.
Fatemi sapere se è venuto a casa qualche soldato del paese per Pasqua o se hanno fatto tutti come me e fatemi sapere tutte le novità del paese. Vi dirò una novità: inqui [fino a questo momento] io non avevo mai visto. È caduto un aeroplano e 100 metri distante a me e mi ha fatto una paura che mai avevo avuto. Era una bestia così grossa, era 21 metri di lunghezza. È morto il capitano e due feriti.
Ora termino di scrivere con la penna ma con il pensiero sempre a voi e vi mando i miei più affettuosi saluti, sono vostro figlio Gisberto Marazzi. Scrivete presto e il più principale fatemi sapere della valigia.
Di nuovo auguri infiniti state bene, ciao.
Verardo
Salutate chi domanda di me, ciao baci.
P.M. 156, 2.11.42 XX
Carissimi genitori,
pure oggi vi scrivo questa mia lettera per farvi noto della mia ottima salute come pure spero di voi tutti in famiglia. Padre e madre, fratelli carissimi mi dispiace di annunciarvi questa mia novità ma sono costretto a dirvela ed è questa.
Dove ero prima non ci sono più, sono in marcia e non so dove vado, spero sempre bene ma sia sempre fatta la volontà di Dio. Voi non pensate mai al male, perché io quando sto male non sono quello che ve lo tiene segreto, ma quando vi dico che sto bene, non pensate al male.
Quando arrivo a destinazione vi scriverò e vi dirò le mie condizioni. Finora ho ricevuto da voi notizia del 29.10.42 e poi più. Fatemi sapere se ricevete almeno voi da me che io scrivo spesso, vi scrivo almeno due lettere alla settimana, senza le cartoline e quindi mi sembra abbastanza e dovreste ricevere. Il mio tenente ha già ricevuto fino al giorno 19.11.42. quindi da Minozzo a Reggio mi sembra che non dovrebbe starci tanto. Mi sembra strano io avere notizie così di chiaro [forma dialettale per dire “di rado”].
Mi raccomando di scrivere spesso e fatemi sapere che cosa passa a Minozzo e tutte le novità che ci sono. Io ora scrivo e sono in una casa borghese, dove ho anche dormito e oggi a riposo e scrivo mentre che scrivo c’è la gente della famiglia che parlano ma non capisco niente, elevando una qualche parola.
Sono buona gente ma sono nostri nemici perché ci hanno anche loro i suoi figli e i suoi padri e i loro mariti al fronte che combattono contro a noi. C’è le donne che filano la lana, parte sgranano il gran turco e parte fanno i calzolai. Tutti lavorano e parlano e ridono e io scrivo con il pensiero sempre a voi. Anche voi pensate a me, pregate per me che l’ora è aggiunta [è giunta] che abbia a ritornare sano e salvo come ora. Sono ingrassato e sto molto bene. Ora termino di scrivere e mandarvi i miei più cari e affettuosi saluti e un lontano addio.
Sono vostro figlio Gisberto baci a tutti, salutate chi domanda di me. Baci, ciao.
Auguro buone Feste, fatele tranquille e non pensate a me.
P.M. 156, 15.11.1942 XX
Genitori carissimi,
oggi stesso finalmente ho ricevuto una vostra lettera la quale sono rimasto contento della vostra ottima salute così segue di me finora.
È una lettera che è stata scritta il giorno 15.10.42, non è mia gran soddisfazione leggere lo scritto di un mese fa, per altro ma lo stesso quando ho visto finalmente il vostro scritto il mio cuore si è alleggerito di un pensiero molto profondo. Sono rimasto nel sentire quella grossa disgrazia ma ci vuole sempre cuore preparato per [illeggibile].
Tutti siamo al mondo per morire e per sopportare ogni sofferenza che accade. Genitori carissimi, sento le vostre raccomandazioni di non abbandonare le preghiere che mi avete insegnato, non ci pensate che mi dimenticherò tutto ma quello no.
Mamma mi dite che il vostro pensiero è sempre triste e pensate a me, mi raccomando di pensare a me, ma di non pensare che io stia male e soffra, no questo ve lo proibisco perché io sto bene ed è inutile pensare che io stia male quando vi dico che sto bene. Chiedetemi pure che vi parlo in parole da figlio.
Sento papà che riuscite bene nel vostro guadagno, sono molto contento, sento che avete fatto del buon vino, sono pure contento, e vi auguro di finirlo contenti e felici. Sento pure che di seminare non avete ancora incominciato, ma ora spero che avrete finito. La stagione qui è un po’ cambiata ma ormai siamo dei suoi giorni. È una temperatura per ora è quasi come lì di novembre o dicembre. Non saprei più che dirvi, solo che io vi ho scritto per lo meno 8 o 10 lettere e 15 cartoline, pure a Maria e Bernardina ci ho scritto e non ho ancora saputo nulla. Non pensate che io scrivo anche troppo, ormai ho finito carta e buste.
Mamma mi raccomando di non pensare a me, e quando dovete fare qualche cosa in più non dite “se ci fosse anche Gisberto”, ma mangiate e fatevelo godere, che io mangio e bevo e sto bene. Ora vi saluto vi mando uno stretto abbraccio, sono vostro figlio Gisberto, baci ciao.
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Pure da parte mia vi giunga il più cordiale saluto ed augurio.
State tranquilli, perché il vostro Gisberto gode di ottima salute, ha il morale alto, e vi pensa costantemente senza mai essere triste. Siamo lontani dal pericolo e attendete il suo ritorno con fiducia e serenità.
s.ten Aldo Signifredi
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Pure il mio tenente ha messo il suo saluto, baci cari. Verardo
P.M. 156, 15.12.1942 XX
Carissimi genitori,
pure oggi vengo a voi con questo mio scritto per farvi noto della mia ottima salute come pure spero di voi tutti in famiglia.
Vi dirò che è da giorni che non viene più la posta e noi tutti si sta in attesa e io spero sempre bene anche senza ricevere e mi rassegno. Voi scrivete sempre e non pensate a me. Vi dirò che anche di qui si va via e non so dove ma io spero sempre bene perché pensare al male sono sempre in tempo, poi anche senza pensarlo il male si vede.
Vi dirò che la paura la avete di più voi che siete a casa che io a essere qui dentro vi dico perché io mi sembra di leggere i vostri pensieri. Voi vi sembra chissà cosa avere un figlio in Russia mentre invece io mi sto qui in una casa riparato dal freddo, anzi c’è troppo caldo, ci lamenta.
La fame non la sento e ora si va via ma ne troveremo anche delle altre per ricomporsi così e voi scommetto che non fate che piangere perché ci avete un figlio in Russia e io non ho mai fatto una vita così bella e spero che dura sempre così.
Vi dirò che Gualtieri vi saluta, siamo sempre insieme. Mercati invece l’ho visto il giorno che sono disceso dal treno e poi più però si trova a 8 chilometri da me. Ho visto i suoi compagni e mi hanno detto che anche lui sta bene.
Vi dirò che sono passato dove c’è il deposito del Reggimento di Fisio, ma lui si trova in linea, me lo ha detto un suo compagno della sua compagnia e quando lo ha lasciato stava bene. Questo non lo dite a Zelinda, mi raccomando.
Voi mandatemi l’indirizzo che mi sono dimenticato di mandarlo al suo compagno. Ora termino col mandarvi i più cari saluti e i migliori auguri e buone feste. Sono vostro figlio il più lontano.
Maria mi dice che è a Reggio ma che soffre per la lontananza di Rino, se avessi un figlio io allora dovrei morire. Baci, ciao.